Apple, affondo contro la Ue: “L’App Store aperto è un vaso di Pandora di malware”

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L’azienda torna a contestare le misure incluse nel Digital Markets Act, che permetterebbero agli utenti degli iPhone di installare software esterno: “a rischio intere reti di computer”

04 Nov 2021Patrizia Licatagiornalista

Apple torna a fare pressing sull’Europa e le nuove regole in via di definizione nel Digital Markets Act: se l’azienda degli iPhone sarà costretta a permettere ai suoi utenti di installare software scaricati non dall’App Store ma da terze parti sarebbe come aprire “il vaso di Pandora”, ha detto il software senior vice president di Apple, Craig Federighi. Intervenendo al Web Summit di Lisbona, il top manager della Mela ha messo in guardia: aprire i dispositivi Apple ad applicazioni scaricate dal web senza controllo potrebbe mettere a rischio intere reti di computer.

Federighi ha ripreso le parole usate dal ceo Tim Cook che sul Digital Markets Act: “Le autorità europee sono sempre state un passo avanti con le loro normative, ma esigere il sideloading sugli iPhone sarebbe un passo indietro. Invece di creare più scelta aprirebbe un vaso di Pandora di malware e software nono sottoposto a controllo”.

Poche settimane fa Apple ha pubblicato un report sulla sicurezza concludendo che, se si permette agli utenti dei dispositivi mobili di Cupertino di installare software anche al di fuori di quanto proposto sull’App Store, la sicurezza e la privacy di iPhone e iPad sarebbe minacciata e il rischio di malware e cyber-attacchi esploderebbe.

Indice degli argomenti

Un iPhone compromesso può minacciare intere reti di computer

Apple, affondo contro la Ue: “L’App Store aperto è un vaso di Pandora di malware”

Apple ha specificamente citato il Digital Markets Act anche in un documento depositato lo scorso mese alla Sec. La Mela ha scritto che se il testo diventerà legge Apple potrebbe trovarsi costretta a apportare modifiche al suo App Store e subire un impatto negativo sulle prestazioni finanziarie.

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Nel suo intervento al Summit di Federighi non ha parlato del potenziale danno economico per Apple, ma ha ribadito che il sideloading (scaricare software da fonti diverse dall’App Store) potrebbe indurre molti utenti a installare malware.

Il top manager ha citato quanto avviene sui dispositivi Android, sui quali è permesso scaricare software da fonti diverse sul web, anche se Google mette in guardia, tramite messaggi di sistema e pop-up, sul rischio di installare app da siti non verificati.

Un dispositivo compromesso, ha proseguito Federighi, non solo espone i dati su quel dispositivo, ma minaccia un’intera rete. “Il malware nelle app scaricate con il sideloading possono mettere a rischio i sistemi del governo, colpire reti aziendali, aziende del servizio pubblico e così via”.

La disputa sull’App Store e le commissioni

Il funzionamento dell’App Store è già da tempo sotto lo scrutinio dei regolatori e sotto attacco da parte delle aziende concorrenti. Apple è in causa negli Stati Uniti con Epic Games, il produttore del gioco Fortnite, che l’ha trascinata in tribunale per ottenere l’apertura dell’App Store a sistemi di pagamento esterni e a link che portano fuori dal negozio di applicazioni della Mela. In un primo grado di giudizio Epic Games ha avuto ragione e ora Apple ha fatto appello nel tentativo di ribaltare la decisione.

Apple sostiene che il suo sistema di approvazione dei software degli sviluppatori e le regole dell’App Store garantiscono privacy e sicurezza ai suoi utenti. L’App Store è anche una fonte cruciale di guadagni per Apple, grazie alle app a pagamento e agli acquisti in-app. Le commissioni che Apple trattiene arrivano fino al 30% del prezzo pagato dagli utenti.

Per la Commissione Ue lo stretto controllo esercitato da Apple sull’App Store riduce la scelta per i consumatori, soffoca la concorrenza e tiene i prezzi alti: gli sviluppatori di software potrebbero infatti offrire a costi inferiori servizi come il pagamento per gli acquisti se non fossero fatti in-app.

A sostenere l’apertura del “sistema chiuso” di Apple e a controbattere le argomentazioni dell’azienda americana c’è anche la piattaforma europea dello streaming musicale Spotify, che preme sui regolatori perché impongano un allentamento del controllo di Apple sul suo App Store e dia maggiore libertà agli sviluppatori di vendere e pubblicizzare le loro app.

Standard Ethics mette Apple “sotto monitoring”

Proprio in connessione con le questioni antitrust in Unione europea Standard Ethics ha messo Apple “sotto monitoraggio”, pur confermando l’attuale corporate rating EE (“strong”).

“Date le dimensioni dell’azienda, l’impatto di Apple sul mercato globale è di grande rilevanza”, si legge in una nota dell’agenzia di rating. “Per questa ragione l’azienda deve fronteggiare numerosi temi delicati come concorrenza e antitrust; fiscalità; catena di produzione; approvvigionamento di componenti e materie prime. Anche se negli anni recenti – conclude la nota – c’è stato un allineamento cone le migliori pratiche internazionali e i protocolli Ocse, resta spazio per migliorare”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA25 Gennaio

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