Podcast Podcast Biden, Putin, Draghi e il fascino discreto del telefono fisso Il Network

Volta: 04/Jun Di: kenglenn 568 Visualizzazioni

Anche Biden e Putin si sono serviti del “fisso” ed è probabile che non sia per ragioni estetiche che, per le telefonate ufficiali, da scrivania a scrivania, i capi di Stato e di governo preferiscano la cornetta: bianca quella di Mario Draghi e, all’altro capo del filo, bianca quella di Xi Jinping.

Quale che sia il motivo, è assicurato lo stesso effetto vintage che il Papa, devoto e fedele allo smartphone, ottiene con la veste ecclesiastica bianca e lo zucchetto. Meno impegnativo, il telefono fisso è l’oggetto in via di estinzione che restaura una tradizione con solide radici, e nel tocco demodé svela un’età e un vissuto che certamente, a soli 44 anni, non può avere Emmanuel Macron. Il presidente francese, infatti, smanetta su due iPhone e un Samsung, comunica via Signal e Telegram, e nel 2019 venne pure intercettato da Pegasus, lo stesso sistema di spionaggio elettronico che l’ungherese Victor Orbán e il turco Erdogan utilizzano per tenere sotto controllo i telefonini dei dissidenti e dei giornalisti ostili di mezzo mondo. Pegasus ha dunque sostituito la cimice e potrebbe essere truccato, una falsa cimice, una patacca o, meglio, una doppia cimice per neutralizzare la vera cimice infilata nella cornetta del telefono dello spione, in attesa del veleno o degli arresti notturni in stile Kgb. Alla fine, pur non sapendo quanto sia più sicuro, il telefono fisso, la cui definitiva scomparsa è prevista in Gran Bretagna nel 2025, impugnato da Biden e da Putin simboleggia la negazione dell’instabilità, lo sberleffo al “non c’è campo” “è caduta la linea”, la voglia di blindare l’intimità della conversazione sempre insidiata da contatti, notifiche, sms, trojan e malware.

Nell’insolenza dell’afferrare la cornetta con gesto naturale c’è, direbbe Roland Barthes, “un sistema culturale di significati” che rimescola il mondo, c’è la nostalgia, come scrivere con una stilografica o una Lettera 22, come indossare il Borsalino di Delon e Belmondo, come girare per Roma in carrozza o mandare cartoline. Sono oggetti fuori posto e fuori luogo come, alle origini, fu già lo stesso telefono fisso, attorno al 1880, quando le suonerie intempestive (di nuovo oggi tanto criticate nel portatile) erano disprezzate perché trasformavano “il gentiluomo in un domestico che corre appena sente il campanello”.

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Perciò solo la servitù era abilitata a rispondere. E se alle dame era sconsigliato, il telefono era assolutamente proibito alle giovani figlie per bene. I più raffinati rimpiazzavano la triviale suoneria con un “la” di diapason o, come voleva Marcel Proust, “con il semplice fruscio di una sottoveste” appena appena amplificato. E a tutti si raccomandava almeno di nascondere “l’orribile apparecchio” in fondo a un corridoio, in un sottoscala o, al peggio, in cucina, comunque in un angolo, nella misericordia della penombra dove, 140 anni dopo, l’eccitatissima modernità non riesce a ricacciarlo, lucciola pasoliniana che resiste allo spegnimento.